La terra del Duce

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Spesso citare la Romagna come propria terra natale o di residenza richiama alla mente altrui l’immagine gaudente e chiassosa della riviera adriatica o il sapore di un buon bicchiere di sangiovese su una piadina quasi azzima oppure il ritmo valzerino della celeberrima “Romagna mia” di Secondo Casadei.

Non manca, però, neppure chi, saputa l’altrui romagnolità, con un pizzico di maliziosa provocazione allude a lui, il volitivo mascellone romagnolo oppure prorompe apertamente in uno spontaneo: – Ah, la terra del Duce! Sì, ancora oggi la Romagna, Forlì e Predappio sono rispettivamente la terra, la prima città d’adozione ed il paese natale del Duce: è l’impronta indelebile del Ventennio che tanto profondamente ha segnato la storia italiana e, più strettamente, quella romagnola. Questa appartenenza geografica di Mussolini non può certamente negarsi, ma neppure celebrarsi in chiave nostalgica o apologetica, va soltanto storicizzata per meglio comprendere come in Romagna il fascismo sia stato vissuto all’ombra dell’ingombrante figura del Duce conterraneo.

Il libro di Franco D’Emilio e Paolo Poponessi è, appunto, un viaggio nella Romagna fascista dal 1922 al 1940, il racconto di avvenimenti e storie personali, il ritratto di protagonisti, “tipi e tipetti” in camicia nera, infine il ricordo di tante vittime, consapevoli o no, direttamente o indirettamente travolte dal gorgo della dittatura.

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